Cane displasico, l’allevatore rimborserà le spese veterinarie.

Ripropongo questo articolo, visto che ogni tanto mi viene chiesto che responsabilità si devono assumere gli allevatori in casi di displasia evidenziata già in giovane età. Penso che questo fatto possa fare chiarezza.

 

CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA

Cane displasico, l’allevatore rimborserà le spese veterinarie.

24 Gennaio 2019.

Confermata la condanna in appello: l’allevatore rimborserà le spese veterinarie, passate e future, al proprietario di un Pastore Tedesco displasico.

Il proprietario l’aveva pagato 1,400 euro, come cane da guardia e anche con l’intento di farlo riprodurre. Ma a pochi mesi dall’acquisto l’esemplare, una femmina di due mesi, presentava una “displasia bilaterale dell’anca e alle articolazioni coxo femorali”. Il Medico Veterinario diagnosticava la patologia, prescrivendo cicli di terapie farmacologiche, “dando inizio ad una lunga serie di spese mediche”.

La Corte d’Appello di Bologna ha confermato per l’allevatore la condanna al risarcimento già pronunciata dal Tribunale. Nessuna tesi difensiva è stata accolta in Appello.

La difesa – Denunciato, l’allevatore obiettava che erano ormai trascorsi più di otto giorni dall’acquisto e che non era stata garantita l’immunità del cucciolo (il pedigree venne consegnato a distanza di qualche mese dall’acquisto); sarebbe stata  una “obbligazione impossibile”- a suo dire- “dal momento che nemmeno un cucciolo che abbia un albero genealogico fatto di animali tutti sani può essere considerato esente”. Il contratto di compravendita si perfeziona fra le parti senza garanzia di esenzione dalla patologia.

Troppo giovane, inoltre, il cane per poter diagnosticare una malattia che – a detta dell’allevatore (che si è richiamato al Disciplinare per il controllo ufficiale della displasia dell’anca e del gomito dei cani iscritti all’albero genealogico)- si manifesta solo a partire da un anno di età dell’animale. Il Tribunale “avventurandosi in deduzioni cinofile” non avrebbe invece considerato- è sempre la tesi difensiva a sostenerlo- che “la trasmissione per via ereditaria sarebbe responsabile per il 40% dei casi, metre le cause esterne (ambientali, alimentari e traumatiche) interesserebbero il restante 60% dei cani”.
E se l’acquirente avesse detto di volere un cane da guardia, gli sarebbe stato consigliato un maschio di almeno un anno, addestrato e con esenzione da displasia certificabile.
Sui certificati veterinari, infine, il cane non risultava certamente identificabile con quello sottoposto a cure.

La questione degli 8 giorni e della garanzia-  “per giurisprudenza consolidata” la decadenza degli otto giorni dalla scoperta del vizio occulto decorre dal momento in cui il compratore ne ha acquisto certezza obiettiva e completa, “sicchè ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente e in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza delal sua identità, occorre far riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta”.

Quanto alla garanzia, il venditore che taccia in malafede i vizi della cosa è sempre contestabile e nel caso in questione, dal pedigree “sarebbe indiscutibilmente emerso che i suoi ascendenti erano affetti da displasia” con la conseguenza che l’acquirente avrebbe potuto ripensare la decisione sull’acquisto. Ma il pedigree è stato consegnato ad acquisto avvenuto. Quel 40% di probabilità ereditaria per il Tribunale è più che sufficiente ( “Il fattore traumatico è escluso perchè non provato dal venditore e tantomeno emerge dalla documentazione veterinaira agli atti”) tanto più che l’allevatore non ha saputo dimostrare di avere ignorato, senza colpa, l’esistenza dei vizi.

Le spese veterinarie- All’atto della denuncia, il proprietario aveva già sostenuto 3.300 euro di spesa veterinaria e chiedeva un rimborso comprensivo di quelle che avrebbe dovuto sostenere per almeno altri 10 anni (162 euro per 10 anni nella misura di due visite l’anno). In Appello, la Corte non ha concesso nessuna riduzione del calcolo, anzi considerandolo “errato in difetto”,  perche “la displasia una volta diagnosticata non può che comportare la necessità di una costante attenzione veterinaria”.
Il proprietario può andare incontro a “spese necessarie all’eventuale intervento chirurgico, la necessità di numerosissimi farmaci anti infammatori, di eventuali integratori alimentari, volti a rallentare la progressione della malattia, l’eventuale acquisizione di prodotti ortopedici ed eventuali materassi speciali, e per i casi più gravi l’acquisto di carrelli”.
Non risarcita invece la spesa dell’acquisto. Il proprietario ha preferito trattenere l’animale “perchè vi era ormai affezionato”.

La massima della Corte– L’allevatore che vende un cucciolo di cane affetto da malattia ereditaria deve essere condannato a pagare all’acquirente una somma che comprende la riduzione del prezzo e il rimborso delle spese veterinarie specialistiche laddove la mancata consegna del pedigree al momento dell’acquisto unitamente alla non manifestata esistenza della patologia di un ascendente ad altro non può far pensare se non alla volontà di sottacere al compratore la realtà dei fatti con inserimento, in maniera anomala nella ricevuta di pagamento di una univoca e pertanto inefficace declaratoria di autoesonero di garanzia.

Fonte: Articolo tratto da Anmvioggi.it